Sin da quando ero adolescente avevo il desiderio di poter aiutare il prossimo in difficoltà e, quindi, di sentirmi utile nella comunità.
Mio figlio Elio jr. era già in consistente attività in Croce Rossa, quindi dopo essere entrato nel Comitato di Firenze come donatore di sangue ed essendo coinvolto per professione nella subacquea, sono entrato a far parte degli O.P.S.A. (operatori polivalenti di salvataggio in acqua) divenendo anche istruttore.
Avevo tentato già di fare il corso per autista in emergenza e fatto già gli esami medici relativi, e per ragioni dovute al mio lavoro che mi portava spesso all’estero, ho sempre dovuto rinunciarvi. Ma non appena entrato in pensione, ho fatto il relativo corso (allora PSTI) e sono entrato in squadra Delta dopo il tirocinio.
Ho scelto Croce Rossa anche per la indiscussa reputazione di professionalità e di carisma, uniti allo spirito umanitario che l’hanno sempre distinta.
Fare il volontario è per me un appagamento del desiderio che già avevo da adolescente e la possibilità, almeno nel mio piccolo, di vedere negli occhi di coloro cui ho potuto dare un minimo di aiuto quel senso di fiducia per ciò che avevo potuto fare per loro.
A tutt’oggi la mia appartenenza alla Croce Rossa Italiana continua a rappresentare ciò che da sempre ha rappresentato, lo spirito di un legame di corporazione.
Purtroppo, per ragioni di salute, ho dovuto sospendere l’attività in Delta e spero per un breve periodo ma, ogni volta che sento passare una sirena, sento quasi un groppo alla gola: mi manca da morire!
Un momento che ricorderò sempre con tristezza è stato quando siamo dovuti intervenire presso la pescaia prima del Ponte Vespucci in soccorso, peraltro vano, di un signore anziano che si era buttato sulla piattaforma di cemento in secca.
Fortunatamente, in contrapposizione, mi ricorderò sempre gli innumerevoli sorrisi dei bimbi incontrati nei miei dieci anni di servizio all’Ospedale Meyer, la grande maggioranza prestata al Pronto Soccorso. Un’esperienza indimenticabile.
Un episodio molto toccante è stato quando, in Pediatria A, ho fatto un turno di notte. Entrando a dare il cambio alla loro madre ho trovato due fratelli cui avrei dovuto accudire, entrambi di circa 6/7anni: nel letto all’ingresso una bambina con la sindrome di down ricoverata per altra patologia e nell’altro letto il fratello, coricato sul fianco e rivolto alla finestra, che sembrava dormisse.
Il letto del ragazzo aveva le sponde abbassate ed io dissi al padre, che pensavo fosse opportuno alzare le sponde stesse per evitare che, girandosi nel sonno, il ragazzo potesse cadere. La risposta del padre mi fece ghiacciare: “magari potesse cadere”.
Il ragazzo era totalmente paralizzato e muoveva solo in minima parte la testa. Fu un turno notturno di terribile emozione.
Elio Filidei sr., volontario Croce Rossa Italiana – Comitato di Firenze
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