Messaggio del Presidente Nazionale alle donne della CRI in occasione dell’8 marzo
«Care Professioniste e Volontarie della CRI,
solo da pochi giorni si è concluso il convegno internazionale di Palermo su «Donne e migrazioni» dove tutte le Società del Mediterraneo hanno riconfermato il loro impegno nella salvaguardia della dignità umana e, in particolare, nell’assistenza alle categorie più vulnerabili di migranti: donne e bambini.
I drammi quotidiani di queste donne prive di diritti nel nostro paese, spesso vittime di violenze anche di gruppo durante i tragitti migratori, a volte schiavizzate dalla malavita una volta qui in Italia, troppe volte sole, ci obbligano a superare le barriere linguistiche e culturali che ci dividono al fine di aiutarle nel riconquistare la loro integrità personale.
In questo 8 marzo, voglio quindi porre l’attenzione sul dibattito apertosi tra le Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa circa il fenomeno della migrazione delle donne con le implicazioni che questo comporta: Donne intese come assoluta e indispensabile ricchezza nel fenomeno migratorio ma, anche, donne come vittime inermi del fenomeno stesso.
L’immigrazione è infatti, nel nostro paese, uno degli eventi che più palesa la condizione ancora di sottomissione e assenza di diritti di molte donne ma non è l’unico contesto dove questa condizione si sviluppa. E’ necessario impegnarsi con forza nella salvaguardia assoluta della vita e dignità delle donne migranti ma è necessario, anche, comprendere questo evento come monito di attenzione per la protezione e rispetto assoluto dei diritti di tutte le donne.
La non ancora matura età dei diritti si palesa nelle realtà di vita di molte donne, non solo migranti.
Nell’8 marzo del 2008 ci sono, infatti, ancora molte donne tossicodipendenti che si prostituiscono o subiscono i soprusi dello spacciatore per procurarsi la droga.
Ci sono ancora donne non in grado di scegliere per una propria indipendenza per colpa di costrizioni economico-sociali. Ci sono, nel 2008, ancora, donne che «devono» accettare rapporti sessuali con il loro partner senza l’uso di precauzioni contro le malattie sessualmente trasmissibili.
Dove non c’è nessun potere su se stessi, dove le libertà sono così limitate da essere sottomesse alle necessità , anche il sistema dei diritti personali decade facendo un tonfo, troppe volte affatto rumoroso.
Le donne e gli uomini di Croce Rossa non possono non sentirne il rumore; è di fronte a questo tonfo che non possiamo restare immobili spettatori.
Diventando membri di questa Associazione abbiamo deciso di farci carico dei più vulnerabili ma, anche, di perorare le loro ragioni alla luce dell’evidenza della nostra azione quotidiana.
Il mio pensiero infatti, oggi, prima come essere umano e poi come Presidente Nazionale della CRI, va ai deboli ma anche ai «forti». La debolezza sociale, infatti, è un concetto relativo e non puಠprescindere dall’azione o dalla non azione dei «forti».
Il mio deciso richiamo al rispetto dei diritti delle donne si rivolge, appunto, a tutti senza alcuna distinzione. I forti, infatti, in qualsiasi momento possono diventare deboli a fronte di una perdita di status sociale, di un cambio economico, di una guerra, di una malattia e di mille altre ragioni.
Lavorare con coscienza scevra da qualsiasi paternalismo per il rispetto dei diritti di ogni essere umano significa anche la garanzia dei diritti per noi stessi e per le prossime generazioni di uomini e donne.
L’8 marzo del 2008, con i barconi che arrivano a Lampedusa e molte donne destinate alla strada, non è ancora il momento per festeggiare ma solo l’occasione per rinnovare il nostro sempre maggiore impegno nel garantire una risposta efficace alle sfide rappresentate dalla prevenzione e dall’assistenza e protezione delle donne vittime di violenze e traumi.
Un grazie ancora alle Donne di Croce Rossa per essere da esempio nella nostra Associazione e nella società in cui vivono, malgrado le inaccettabili discriminazioni di cui sono a volte oggetto».
Massimo Barra